lunedì 24 novembre 2008

E sono 2...!


Eccomi qui a raccontare la Milano City Marathon di ieri.

Inizio subito col tempo: 4h18'46", circa 2 minuti in meno rispetto al tempo di New York.

Un successo, dunque: certamente sì, per me il successo è quello di finire la Maratona che, ormai ho imparato, non è affatto uno scherzo. In termini di tempo finale, invece, probabilmente avrei potuto fare di più, ma tant'è...

Fino al 25 km viaggiavo come un treno, a media ben sotto quella che mi ero dato per concludere:
  • 57'00" ai 10 km (media 5'42"/km)
  • 1h 59'16" alla Mezza (media 5'38"/km)
  • 2h51'49" ai 30 km (media 5'43"/km)

Ero lanciatissimo e stavo bene e addirittura nel retrocervello avevo anche un pensierino di chiudere sotto le 4h.

Ricontrollando i parziali del Garmin ho fatto un tratto (tra il 10° e il 18° km) a 5'30"/km ma "in scioltezza", senza nessun problema. Ma evidentemente lì mi sono "spremuto" troppo e l'ho pagata dopo.

E poi? E' successo che in tutto il tratto a partire dal 20° km, quando il percorso si è riimmesso sulla circolare (viale Tibaldi), e fino al 32° km compreso, spirava un vento gelido contrario alla direzione di marcia e intorno al 28° km ho iniziato a sentire crampi allo stomaco (probabilmente per il freddo) e le gambe che, piano piano, spingevano sempre meno. Ho cercato di mantenere una velocità intorno ai 6'/km ma progressivamente ho dovuto rallentare e ho corso gli ultimi 12 km in 1h27', tempo che neanche quando ho iniziato a fare 12 km di seguito (in Aprile di quest'anno) ho mai fatto.

In particolare gli ultimi 6 km sono stati una vera sofferenza: le gambe non ne volevano più sapere di andare e il cervello cercava ogni appiglio per suggerire un dignitoso ritiro. Ho dovuto fare appello a non so quali energie mentali per automotivarmi a non mollare e ad arrivare in fondo, anche quando mi si è parato davanti il tratto rettilineo di C.so Sempione che mi ha ricordato le vecchie Stramilano, quando pareva che quel rettilineo non dovesse mai terminare...

Sono comunque molto soddisfatto: correre 2 Maratone in 3 settimane è una cosa che non pensavo di poter chiedere alle mie povere gambe e poi, nonostante tutto, sono sceso sotto il tempo di NY e quindi un piccolo miglioramento c'è stato.

Credo di aver capito anche il motivo della stanchezza dal 30° in avanti: sono partito troppo forte e alla fine l'ho pagata. La prossima volta devo impormi di partire più lento e di finire in progressione, come ho fatto alla Milano-Pavia di Settembre: lì ero partito a 6'/km e avevo viaggiato a 5'55" fino ai 25 km per poi scendere a 5'45" dal 25° al 30° e a 5'35" negli ultimi 3 km ma con grande naturalezza malgrado i km fossero comunque molti (33).

Già, la prossima volta... Non so ancora quali saranno gli obiettivi del 2009, dobbiamo ancora discuterne con Fave, Goby, Massimo, Giò e chiunque vorrà aggregarsi.

Devo dire che per il fascino della città non mi spiacerebbe correre la Maratona di Roma il 22 Marzo, ma voglio avere un calendario completo delle gare del 2009 per poter decidere.

Per il momento posso affermare che il 2008, corsisticamente parlando, si chiude qui. E' stato un anno speso molto a correre e anche costato molta molta fatica fisica e mentale. Adesso è necessario un periodo di riposo e di scarico. Ciò non significa che smetterò completamente di correre, ma voglio farlo con maggior equilibrio e senza la "foga" che ha caratterizzato gli ultimi mesi. Un paio di uscite a settimana (una durante il week-end e una il mercoledì o il giovedì) mi consentiranno di non perdere la forma ma anche di non forzare e di ripresentarmi all'inizio della nuova stagione senza dover ricominciare tutto daccapo.

Continuate a seguirci sul blog: proseguiremo comunque il nostro viaggio DI CORSA...

Ciao, Stefano.

sabato 22 novembre 2008

Cor(r)i Cor(r)o anche per noi domenica

Passo questa mano ...

Confesso che domenica scorsa, dopo 2 settimane di stop anche a causa di qualche acciacco articolare, sono uscito la mattina presto per una corsetta in centro.
Una decina di km a ritmo tranquillo, 6min/km di media, con il non dichiarato obiettivo di testare la condizione generale a una settimana dalla maratona di Milano e, magari, tornare a casa con l’asso nella manica da giocare con una iscrizione dell’ultimo minuto…

Durante la corsa ho avvertito un po’ di fastidio alla caviglia che però ho associato a ruggine residua ancora da smaltire.
Invece sia nel pomeriggio che soprattutto in questi giorni, ho avuto qualche problema a camminare e guidare per una infiammazione al tendine d’achille della gamba sinistra.

Non sono un medico, ma credo di aver imparato ad ascoltare i segnali del mio corpo.

Il riposo sarà necessario, anche se spero per un breve periodo, e il ghiaccio e l'arnica medicine quotidiane per qualche tempo.
Credo quindi di poter affermare che la mia stagione 2008 si è conclusa con la maratona di NY.

Adesso è tempo di studiare il calendario 2009, decidere cosa fare a 43 anni, da grandi, e programmare insieme al gruppo, che spero cresca di numero, l’attività per l’anno prossimo.
Per quanto riguarda NY non sono mai riuscito a postare un vero commento dopo la maratona, vuoi per pigrizia o forse perché tutte le volte che ho iniziato a scrivere qualcosa, mi sono perso a ricordare quei momenti ad occhi aperti.
Il post di Cor(r)o, peraltro, meglio non poteva descrivere la "nostra" maratona, dalla sveglia alle 5 fino al rientro a tarda sera in albergo.
Se posso aggiungere qualcosa di personale, invece, il ricordo più forte è quello di aver corso tutti i 42 km con la sensazione di essere invincibile e la convinzione che lo scorso 2 novembre niente e nessuno avrebbe potuto fermarmi daVerrazzano a Central Park.

Dopo i primi 15-20 km poi, complice il fatto di essere partiti con l'utima ondata e di avere più o meno quarantamila persone davanti, ho corso con la sensazione di fare un percorso ad ostacoli o uno slalom verso il traguardo, dove gli ostacoli o i paletti da superare erano tutti quelli che mi correvano davanti.
Forse, nel delirio di onnipotenza che mi stava possedendo, ho visto veramente cartelli come quello della foto sotto e non mi sono solo sognato di incontrarli lungo la strada grazie allo straordinario incitamento della folla ai bordi delle strade, incessante dal primo all'ultimo metro della maratona.
Chi come Cor(r)o mi ha poi visto all'arrivo a Central Park, può a ragione ricordare come una banalissima bottiglietta di Gatorade ghiacciato, bevuta tutta d'un fiato dopo il traguardo, mi abbia riportato con i piedi per terra e alla mia condizione di uomo normale e quindi vulnerabile.
Ci vediamo domenica mattina per le strade di Milano a tifare Cor(r)o.
Tutti presenti, a parte Gobi, unico assente giustificato perché deve postare.
Ciao, fave.

giovedì 13 novembre 2008

La nuova sfida...


E' fatta! Dopo un po' di riflessioni e di ripensamenti, stasera ho preso una decisione e mi sono iscritto. A cosa? Beh, avevo parlato di nuove sfide, di nuovi obiettivi e in effetti ci ho pensato un po' su, soprattutto perché mi toccherà farla da solo, ma l'aver recuperato completamente lo sforzo di New York (o almeno così mi sembra!) mi ha convinto a "osare"...

Per chi non l'avesse ancora capito, sto parlando della MILANO CITY MARATHON di Domenica 23 Novembre 2008. Mi sono iscritto stasera. Amen.

Adesso devo non mollare nei 10 giorni mancanti e continuare la tabella di allenamento che avevo seguito per la Maratona di New York che, a questo punto, sarà servita anche come "lungo" in preparazione a Milano.

La dovrò correre da solo perché Goby aveva già dichiarato di non essere interessato e Fave, dopo i problemi articolari al ginocchio e alla caviglia che ha avuto nei giorni successivi a New York, ha ritenuto più prudente non rischiare e sta mantenendo la forma non correndo ma con le sue solite 100 vasche in piscina in pausa pranzo.

Non so come sarà correre da solo per più di 4 ore, ovviamente non l'ho mai fatto; chi corre sa che facendolo in compagnia si percepisce il 30% di fatica in meno e a Milano non ci sarà neanche tutta la folla a incitare che c'era a New York, anzi! Chi ha corso la maratona d Milano negli anni scorsi mi ha detto di aver assistito a litigi di vigili con automobilisti inc...ati come bestie per il fatto che il traffico viene interrotto e addirittura scene di persone che inveivano contro i partecipanti per essere stati bloccati nella propria auto senza poter attraversare il percorso. Altro che New York...!

Comunque cosa fatta capo ha. E ormai ho versato il contributo di iscrizione (40 €) e non mi tiro più indietro.

Correrò con l'unico obiettivo di abbassare il tempo di New York (4h20'26") e, possibilmente, scendere sotto il tempo di 4h13'10" che corrispondono a 6'/km di media: il tracciato filante di Milano - la Maratona più veloce d'Italia - dovrebbe aiutare. Non ci saranno nè il Verrazzano Bridge (la partenza è in Piazza Castello) né il Queensboro Bridge: le uniche salite del percorso dovrebbero essere quella del cavalcavia da P.le Cuoco a P.le Bologna e quella del ponte delle Milizie, che certamente non hanno nulla a che vedere con quelle della Grande Mela.

Dopo Milano ci siamo già ripromessi con Fave, Goby, Massimo e un redivivo Giò di darci gli obiettivi 2009, che sceglieremo tra gli appuntamenti di spicco come la Maratona di Roma il 22 Marzo, la Stramilano (Mezza Maratona) il 5 Aprile, la Maratona di Venezia a fine Ottobre e quella di Firenze a fine Novembre.

Dovremo riformulare il nome del progetto (non più 42@42 ma qualcos'altro...) ma certamente ripartiremo con nuova carica e nuovo entusiasmo.

Per il momento è tutto. All'avvicinarsi di Domenica 23 Novembre fornirò altri dettagli e certamente posterò un resoconto della mia seconda 42 km.

Ciao, Stefano.

domenica 9 novembre 2008

La cronaca dei 42 km della NYC Marathon


L'avevo promesso e, come si suol dire, ogni promessa è debito: eccomi qui dunque a raccontare qualche dettaglio in più della corsa di Domenica. Sono passati 7 giorni e ora, con un po' più di serenità e di tranquillità, si possono tirare un po' di somme e fare un bilancio "tecnico" della trasferta newyorkese.


Che era cominciata, come avete letto in un post di qualche giorno fa, con alcune ambizioni: "M'affascina il 3 davanti al tempo finale", "Dopo 10 km valuterò come sto e deciderò su che ritmi impostare la restante parte di gara"... Balle, tutte balle.


Si parte pensando di poter gestire la gara come se fosse perfettamente controllabile, ma si scopre sulla propria pelle che la prima maratona non puoi gestirla per niente perché ci sono fattori che vanno oltre le proprie possibilità di controllo. Quali?


Beh, innanzitutto la tensione. Eravamo a New York per correre la prima Maratona della nostra vita e avevamo caricato l'appuntamento di aspettative e attese notevoli: io mi sono scoperto una tensione particolare dovuta alla paura di non farcela, di fallire qualcosa o che qualcosa potesse andare storto. Ricordo addirittura che la mattina della gara, uscendo dalla stanza dell'hotel, ho messo male il piede sul gradino in discesa che separava la nostra stanza dal corridoio e ho rischiato di subire una distorsione. Non mi sono fatto nulla, ma il pensiero mi è rimasto in testa per più di un'ora, cosa che in condizioni normali non sarebbe mai successo.


Poi la carica emotiva. Sei a New York per correre la prima Maratona della tua vita e vuoi non avere un po' di gambe molli per l'emozione? La notte prima della gara ho dormito solo 3 ore non perché non ce ne sia stato il tempo, ma perché ho impiegato quasi 3 ore ad addormentarmi.


Infine la stanchezza. Come ho detto a qualcuno prima di partire, ero molto stanco mentalmente per una concomitanza di un periodo lavorativo non facile e di un momento in cui stavo vivendo la corsa non come un piacere, ma come un compito da assolvere in prospettiva NY, cosa che non mi ha aiutato a partire sereno e motivato. In più c'era la stanchezza fisica dovuta ai preparativi per la partenza e ai due giorni precedenti in cui si è dormito poco anche a causa del jet lag.


Inoltre, per quanto si possa in qualche modo impostare un ritmo in linea con le proprie aspettative, ci sono poi fattori che non avevo considerato con la sufficiente attenzione e che avevo, in definitiva, sottovalutato.


  1. La lunghezza del percorso: può sembrare paradossale, ma non lo è. Affrontavo 42 km per la prima volta, avendo fatto diversi allenamenti tra 33 e 36 km ma mai avendo raggiunto quella distanza. C'era quindi un po' di inquietudine nel non sapere come avrei reagito oltre la distanza raggiunta in allenamento e oltre il "fatidico muro dei 30 km" dove, anche a detta del Dr. Speciani che ci aveva intrattenuto durante il briefing tecnico del giorno prima, si esauriscono le scorte di glicogeno (gli zuccheri immagazzinati nei muscoli) e occorre quindi far ricorso alle scorte di grassi.


  2. La durezza del percorso: Speciani l'aveva detto il giorno prima e l'avevo anche letto più volte su diversi siti web, ma evidentemente non con la necessaria attenzione. "New York è una maratona durissima perché è praticamente tutta in salita". Per quanto questa affermazione sia un'esagerazione, occorre dire che le salite ammontano a più di 10 km di percorso e non altrettanti sono le discese. Si parte in salita per 1,6 km (Verrazzano Bridge) e si devono poi affrontare altri 4 ponti/cavalcavia tra cui il più duro è decisamente il Queensboro (al 26° km) con una salita di 1,5 km che sembra interminabile a causa del fatto che si corre sulla carreggiata coperta e il tetto crea una prospettiva distorta della pendenza del percorso. Ma non è finita: la 1st Avenue (dal 27° al 33° km) è un continuo saliscendi mentre il tratto di 5th Avenue che si percorre prima di entrare in Central Park (dal km 34 al 38) è in leggera ma costante salita. Insomma, non è certo una maratona "filante".

  3. Il contesto del percorso: New York è famosa non solo per il fatto che si svolge in una delle città turisticamene più ambite al mondo, ma perché lo straordinario contorno di pubblico e il folklore che si incontrano per le strade ti distraggono e non ti permettono di concentrarti sulla gara e sull'obiettivo di tempo che hai in testa.

Insomma, col senno di poi le mie aspettative erano un tantino esagerate.


Detto questo, ecco una cronaca della giornata e della gara.

Sveglia alle 4,30, colazione in stanza a base di marmellata, bagel, barrette energetiche, banane, etc.. Vestizione accurata e preparazione di tutti gli accessori (macchine fotografiche, videocamere, tabelle, etc.). Il pullman del Tour Operator è arrivato alle 5,45 e ci ha depositati a Fort Wadsworth alle 6,20. Temperatura polare, vento gelido che spirava dall'Atlantico e quindi, dopo esserci ambientati, ci siamo infilati le tute in Tyvek gentilmente procurate da Goby. Alle 9,30, dopo aver depositato i nostri sacchi sui camioncini dell'organizzazione, abbiamo iniziato a scaldarci e a fare un po' di stretching. Il sole, nel frattempo, aveva fatto capolino, ma la temperatura rimaneva molto bassa. Ci siamo quindi tenuti degli indumenti per proteggerci dal freddo sapendo che li avremmo gettati dopo la partenza.


Partenza alle 10,20 nella Wave 3 ma abbiamo varcato la linea di partenza circa 12 min. dopo. Avevo nella tasca del marsupio in cui tenevo anche la videocamera e il cellulare un foglietto piegato con la tabella dei passaggi ai singoli km per raggiungere il tempo di 4 ore in cui avevo impostato il 1° km a 6'20"/km (salita del Verrazzano) e i successivi 2 a 6'00"/km. Fino al 9° km il passo doveva essere 5'50"/km, dal 10° al 24° 5'45"/km per poi scendere a 5'40" fino al 35° e a 5'30" dal km 36 al 40 con uno sprint finale di 2 km a circa 5'15".


Primi km in media. Dopo aver "mollato" già sul Verrazzano Roby che voleva impostare la maratona ai suoi (particolari) ritmi, Fave e io passiamo i 5 km in 30'05", 15 s sopra l'obiettivo e i 10 km in 59'25" contro i 58'50" del piano. Il ritmo era comunque buono, intorno ai 5'50"/km ma sopra il passo pianificato. Ai 20 km avevamo 2'20" di ritardo rispetto al piano ma personalmente stavo bene e non stavo soffrendo. Il passaggio alla mezza avviene su un ponte con una salita lunga circa 800 m ma molto secca e difficile perché le gambe cominciano a risentire dei km già percorsi. A quel punto il ritardo sulla tabella delle 4h era di 3'05". Malgrado mi stessi rendendo conto del fatto che l'obiettivo stava allontanandosi, stavo bene e contavo di poter accelerare nel finale e recuperare il ritardo accumulato che ai 25 km era salito a 4'.


Lo spettacolo intorno era quanto di meglio si potesse desiderare: fin dalla fine del Verrazzano Bridge, entrando a Brooklyn, avevamo capito cosa voglia dire la Maratona di NY e perché sia così famosa: il bordo delle strade brulicava di gente assiepata sui marciapiedi e pronta a incitare i partecipanti urlandone il nome, dando high five, offrendo da mangiare e da bere, oppure semplicemente applaudendo e urlando "Go, runners, go!!!". Fino al 25° km ho contato più di 100 band che suonavano per strada, dal gruppo heavy-metal al coro gospel passando per i rapper o gli hip-hopper e i cantanti folk che, con la loro chitarra, si esibivano sul bordo della strada con sistemi di amplificazione improvvisati.


Una menzione a parte meritano i bambini: numerosissimi, coloratissimi, sorridenti, pronti a urlare il nome o a dare il 5 in sequenza ai maratoneti che passavano sul bordo della strada. Davvero uno spettacolo nello spettacolo.


La cosa curiosa è che, attraversando Brooklyn e il Queens da Sud a Nord lungo la 4th Avenue (lunga circa 9 km), si incontrano quartieri popolati da comunità etniche diverse: prima gli afro-americani, poi gli ispano-americani, poi quelli che apparivano come europei (probabilmente irlandesi e italiani), tutti festanti e urlanti, poi gli ebrei-ortodossi nel loro quartiere dove invece non c'era nessuno ai bordi delle strade e dove regnava, in totale contrasto con una o due street prima, un totale silenzio.


Intorno al 26° km penso di poter collocare la svolta: avevo portato con me la videocamera e il cellulare che avevo messo dentro il marsupio perché volevo fare ogni tanto delle riprese. E in effetti avevo filmato qualcosa sia in partenza sia in un altro paio di occasioni. Al passaggio alla Mezza mi ero accorto che la batteria mi aveva abbandonato e avevo quindi deciso di non utilizzare la videocamera se non fino all'arrivo, ammesso che la batteria, come a volte succede, avesse recuperato un barlume di carica. Per non avere fastidio avevo girato il marsupio sulla schiena e l'avevo serrato notevolmente per non sentirlo sballottare, ma evidentemente l'avevo tirato troppo. All'uscita dal Queensboro (km 26) ho cominciato a sentire un po' di dolori di pancia che diventavano sempre più persistenti e fastidiosi. Ero disturbato dal fatto di non riuscire a trovare una soluzione: se allentavo il marsupio mi dava fastidio il suo sballonzolare, se lo tiravo sentivo i dolori alla pancia... Insomma, questo fastidio unito al fatto che la 1st Avenue con i suoi 8 km mi si parava davanti a perdita d'occhio mi hanno fatto venir paura di non farcela e le gambe, evidentemente, non hanno più risposto come avrebbero dovuto... Ho cominciato a sentire freddo e a percepire che le gambe non spingevano più come prima e ho dovuto rallentare per non rischiare di uscire in anticipo.


Ho detto a Fave di andare: stava bene, continuava a prendermi qualche secondo e facevo fatica a tenere il suo ritmo. Ci siamo salutati intorno al km 29, sulla 1st Avenue. L'ho visto scomparire tra la folla che correva davanti a me e, in quel momento, l'ho un po' invidiato...


Ho proseguito a ritmo più lento, intorno ai 6'30"/km: la 1st Avenue, interminabile con i suoi 8 km complessivi, ha lasciato il posto a un ulteriore ponte (il Willis Bridge) che immette nel Bronx, dove la Maratona transita velocemente, per meno di 2 km, quasi a voler evitare il quartiere che, più degli altri, gode di una fama non proprio rispettabile.


Dopo il Bronx e le sue comunità afro- e ispano-americane (anche qui festanti e urlanti), il percorso, dopo un altro ponte, rientra a Manhattan, ultimo borough della corsa. E lo fa dalla porta principale: ci si immette subito sulla 5th Avenue, nel suo tratto iniziale che transita ad Harlem. Sapevo che non l'avremmo più lasciata, ma non sospettavo che potesse essere così dura: prima di immettersi in Central Park per gli ultimi 3,5 km, il percorso è di circa 5 km tutto sulla 5th Avenue, e tutto in salita. Non è una salita ripida, ma essendo costante e continua e venendo dopo 35 km, spacca davvero le gambe, già ormai provate per lo sforzo precedente.


Ho davvero dovuto far ricorso a tutte le energie mentali disponibili per cercare di non pensare ai km mancanti e lasciandomi invece cullare dallo spettacolo di gente che ancora, imperterrita, urlava il nome dei partecipanti: "Go, Stefàno, go!!!" "You're looking good!!!" "Stefàno, you almost did it!!!" e così via, in un incessante frastuono fatto di urla, di musica...


Gli ultimi 3,5 km sono invece quasi completamente all'interno di Central Park, dove si entra attraverso un ingresso dal nome familiare, Engineers' Gate. Da lì in avanti il percorso è un continuo saliscendi dovuto alle formazioni di scisto che spesso affiorano in superficie e la folla diventa sempre più vociante e sempre più urla frasi del tipo "Stefàno, only 2 miles left from the glory!!!" "Stefàno, don't give up now!!!" (e chi molla? non ci penso neppure...!).


L'uscita su Central Park South (59th street) è la conferma che ormai si è arrivati: a quel punto manca solo 1 km e mezzo e l'arrivo è solo questione di minuti. Ho mantenuto un ritmo costante intorno ai 6'30"/km che mi dava sicurezza e mi sono ributtato nell'ultimo pezzo di Central Park entrandovi da Columbus Circle, dove tra l'altro c'era uno schermo gigante che riprendeva la parata multicolore dei partecipanti.


Il passaggio al miglio 26, circa 300 m dall'arrivo, non me lo ricordo: evidentemente la mia mente era ormai così proiettata all'arrivo che non mi sono accorto dell'enorme striscione arancione appeso al di sopra delle nostre teste.


L'arrivo è l'apoteosi: sono passato dall'arcata centrale, dove ho anche dato un 5 fortissimo a un addetto dell'organizzazione che stazionava a pochi metri dal traguardo.


Subito dopo l'arrivo a braccia alzate sono scoppiato a piangere come un bambino: probabilmente la tensione unita alla stanchezza, al fatto di essere finalmente arrivato dopo tanta fatica e al fatto di aver visto tante volte in foto quel posto dove in quel momento ero hanno giocato un brutto scherzo...


Dopo alcuni metri dall'arrivo ti mettono al collo la medaglia non facendoti mancare un incoraggiamento: "Good job, congratulations!" e poi, in rapida successione, ti consegnano la mitica coperta di alluminio che dovrebbe proteggere dal freddo ma che in realtà non serve quasi a nulla. Successivamente vieni rifocillato a base di Gatorade e di barrette energetiche Snickers. Poi, lentamente e sempre camminando, ci si dirige verso il camioncino dove, prima della partenza, si è depositato il proprio sacco degli indumenti. Il mio era stato trasportato, insieme a quelli dei pettorali da 48.000 a 48.999, su un camioncino che sostava a circa 2 km dopo l'arrivo.


Dopo circa 5 minuti dall'arrivo ho sentito una voce familiare "Coro...": era Fave che, arrivato 12 min prima di me, si era fermato lungo le transenne dopo la finish line. "Coro, cazzarola come sto male, ho bevuto un Gatorade freddo che mi ha schiantato lo stomaco...". Era effettivamente pallido e non particolarmente in forma. Ci siamo abbracciati e poi incamminati insieme verso i camioncini. L'ho visto riprendersi pian piano e ci siamo lasciati davanti al mio camioncino (il suo era 1 km più avanti...)


Sudato, infreddolito perché a Central Park il sole era già tramontato a causa degli alti edifici intorno, sono arrivato al camioncino che già battevo i denti. Lì una sosta interminabile di circa 40 minuti perché i sacchi erano inspiegabilmete stati mischiati e non erano più in ordine, unica pecca in un'organizzazione per il resto perfetta.


Se non ho preso una broncopolmonite in quel momento non la prendo mai più: avevo un freddo cane, battevo i denti come se fossi stato nudo al Polo Nord, ero stanco, non vedevo l'ora di coprirmi...


Il resto è cronaca del dopo: ho chiamato casa dove sapevano già tutto avendo attivato il sistema Fan Alert e dove mi ha risposto Sara che urlava come una matta...


Poi abbiamo aspettato Roby che è arrivato circa un'ora dopo di me e, dopo aver restituito il chip all'organizzazione, siamo usciti da Central Park per andare a prendere il pullman del Tour Operator che sostava all'altezza dell'81a strada, a circa 4 km dall'arrivo...


Poiché il nostro programma di viaggio era quello da "pezzenti" non prevedeva il rientro in albergo col pullman. Arrivati davanti al Roosevelt Hotel dove sono scesi tutti gli altri, da bravi Italiani abbiamo tentato di convincere l'autista a portarci in hotel per non dover prendere la metropolitana. "No way, you have to get off here!" è stata la sua seccata risposta... Siamo quindi andati a prendere la metropolitana alla Grand Central Station dove chiunque ci incontrava, vedendoci la medaglia al collo, ci faceva i complimenti dandoci anche una pacca sulla spalla: "Good job! Congratulations! How many miles did you run? 26? Oh my God, what a run...!!!" e così via in un susseguirsi di brevi conversazioni di questo tipo.


Siamo arrivati in hotel che erano le 18,30 e ci siamo subito buttati sul letto perché le gambe cominciavano a irrigidirsi. Abbiamo però rinunciato alla tentazione di piombare subito a dormire e, dopo aver fatto la doccia, siamo usciti e abbiamo terminato la giornata in un Burger King sulla 34th street, dove ci siamo sparati un Double Hopper che faceva paura tanto era grosso e pesante...


Beh, ritengo di aver scritto abbastanza: in realtà non l'ho fatto solo per chi poi si dovesse trovare a leggere la cronaca, l'ho fatto anche per me, per avere la possibilità di ripescare i ricordi dalla memoria fra qualche tempo. Rimarranno qui sul blog, scritti a imperitura memoria e chissà che un giorno non ci ritroveremo a rivivere un'altra NYC Marathon e questa cronaca non ci possa servire...


Scusate per la lunghezza del post, d'altronde ncessaria per raccontare anche solo una minima parte delle emozioni vissute.


A presto, con altre sfide.


Ciao, Stefano.



mercoledì 5 novembre 2008

Vai a postare!

Vai a postare!
Vai a postare!
Vai a postare!
Non avete idea di quante volte Ste e Fave mi hanno ripetuto, sera e mattina con accademica regolarità, questo invito/minaccia/ammonimento.
Vai a postare!

E io indisciplinatamente mi sono ostinato a mantenere il mio silenzio radio. Anche complice il fatto che il PC era costantemente occupato dai miei soci e che aspettare il mio turno in tarda nottata dopo una giornata di cammino/corsa a NY non era proprio nelle mie corde.

Ora che è tutto finito, che sono davanti al PC di casa con sottofondo "The Lamb lies down on Broadway", vorrei essere capace di riassumere tutte le emozioni che questo viaggio mi ha dato e so già che non ne sarò capace.
E mi è improvvisamente venuta la voglia di raccontare quanto ho vissuto, forse anche per rivivere ogni singolo momento di questo straordinario viaggio.
Ho scattato centinaia di foto che mi aiuteranno in questo: spaziano dal macro al micro, dall’Empire State Building al cartello stradale, dalla tavolozza di verdi e rossi di Central Park alla colonna della fermata della metropolitana più scalcinata. Ora il riguardarle, però, mi fa venire solo tanto magone per l’avventura conclusa.

Innanzitutto la maratona: la mia preparazione tecnica non era certo quella dei miei compagni di avventura. Forse per questo mi sono avvicinato al viaggio con un fervore e un entusiasmo un po' offuscato…
Ma vi assicuro che non per questo le emozioni sono state meno intense.
Ora, passato il dolore alle gambe, vorrei riviverla minuto per minuto questa maratona per quanto è stata totalizzante. L’averla corsa “in solitaria” ha reso tutto forse più faticoso ma anche più intenso.

I ricordi più vividi?
Il vento freddo dell'alba a Staten Island, il Ponte di Verrazzano corso guardando verso l'alto i pilastri e i tiranti, la gente ai lati delle strade nel Queens che urla "Roberto keep running, you can do it!", "Go Roberto, gooo!", l'asfalto ai ristori reso appiccicoso dal Gatorade, i cartelli "Pain is temporary, pride is forever", il quartiere di Brooklyn degli ebrei ortodossi, il gelido ponte di Queensboro, l’interminabile 1st avenue…
Potrei continuare all’infinito, tanti sono i ricordi impressi nella mente.

Ma anche i giorni precedenti e successivi sono stati bellissimi.
Ho avuto l’onore di avere due compagni di viaggio “ideali” con cui si è condiviso tutto, senza imporre scelte o decisioni, accordandosi da cosa andare a vedere al locale in cui mangiare un boccone.
Grazie a Ste e Fave per aver reso questa maratona e questa vacanza ancora più indimenticabile. Siete stati grandi!

Ecco, ci sarebbero tante altre cose da dire, ma il fuso orario comincia a far un po’ arrugginire la scrittura e domani mi aspetta una lunga giornata di lavoro.
Buona notte ragazzi, mi mancherà il dovervi chiamare alle 2 di notte per dirvi di cambiarvi e andare a letto o lo svegliarvi in metropolitana per evitare di farvi scendere al capolinea di Coney Island!
Adesso tocca voi “ANDARE A POSTARE”!

martedì 4 novembre 2008

Come abbiamo fatto a far tornare il sorriso in faccia a Cor(r)o




Ho corso spalla a spalla con cor(r)o per quasi 30 km e ho visto la sua faccia sorridente in diretta dopo 42.195 metri fatti tutti cor(r)endo.

Ieri poi, insieme a Gobi, lo abbiamo accompagnato a pagare il prezzo di questa magnifica avventura, da Tiffany, in 5th Avenue.

Cor(r)o sapeva sin dalla partenza che la merce di scambio per correre la maratona più bella del mondo l'avrebbe dovuta acquistare proprio lì ...

Bene, quella faccia sorridente che non lo ha mai abbandonato durante la corsa ha lasciato spazio a quella della foto sopra; abbiamo cercato in tutti i modi di farlo sorridere "Cheese!", "Formaggio!" e pernacchie varie non sono servite a niente.
La seconda foto serve solo per fare capire a tutti come siamo riusciti a farlo riprendere.
Ciao a tutti, fave.

Time to go back home...


Eccoci per l'ultimo post da NY.

Ieri giornata di giri turistici e acquisti: la salita sull'Empire State Building, Macy's, la Fifth Avenue, Times Square, etc..
Grandissima l'emozione dell'acquisto del New York Times dove, all'interno dell'inserto sulla Maratona abbiamo trovato pubblicati i nostri nomi, il tempo finale e la posizione in classifica generale (per quanto conta).

Sensazioni fisiche: gambe simili a due barre di legno massello che facevano male anche solo scendendo degli scalini e la testa un po' ovattata dalla stanchezza e dal jet lag non ancora assorbito del tutto.

Con un po' più di lucidità e di calma sarebbe anche ora di raccontare qualche dettaglio in più sulla corsa, su ciò che è avvenuto, su quello che abbiamo visto e sentito, ma non ne abbiamo fisicamente il tempo.
Ci siamo ripromessi di farlo al rientro, quando avremo riacquisito i nostri tempi e i nostri normali ritmi dopo questa ubriacatura newyorkese.

Credo tuttavia sia giusto e doveroso ringraziare da qui quanti ci hanno sostenuto con il loro entusiasmo non solo attraverso questo blog ma anche, sappiamo, con e-mail, telefonate a casa, sostegno invisibile ma comunque presente.

Troveremo il modo di ringraziarvi con qualche foto o video particolare girato in questi giorni.
Per quanto mi riguarda, con un po' tristezza per la fine di questa entusiasmante "avventura", passo e chiudo.

Ciao, Stefano.

PS: questa avventura è finita, ma ne comincia subito un'altra...


lunedì 3 novembre 2008

WE DID IT!


Adesso sono gli altri due compagni di stanza che stanno dormendo e vi assicuro che non è facile prendere sonno qui dentro, ci vorrebbero i tappi per tamponare il rumore di motosega che si sente (e manca anche la mia in azione, speriamo di far dormire i nostri vicini di stanza...)

Sono ormai passate diverse ore dalla conclusione della ING NYC Marathon eppure – sembra incredibile a dirsi – ho ancora molta adrenalina in corpo e non riesco ad addormentarmi (non solo per il rumore).

Che giornata!
E’ impossibile raccontare tutto ciò che abbiamo vissuto in termini di sensazioni, suoni, colori, immagini, emozioni…
Non è possibile raccontare tutto ma nel contempo è bellissimo che non lo sia, perché certe emozioni fanno parte di quell’universo di ricordi personali che, credo, accompagneranno me e ogni partecipante per lungo tempo.
Questo è proprio ciò che rende la Maratona di New York un evento unico, la meta più ambita da ogni runner e al tempo stesso la Maratona più importante al mondo dopo quella delle Olimpiadi e che, non mi vergogno a dirlo, mi ha fatto piangere dopo il traguardo.

Credo un numero basti per descrivere che cosa abbiamo vissuto: per le strade si sono riversati 2,5 milioni di persone per incitare, sostenere, per urlare il nome dei partecipanti, per offrire il cheese cake o la lemonade fatta in casa, per “dare un 5”, per suonare la loro canzone, per urlare “Go, runners, go!”…

Ora che sono sdraiato sul letto con le gambe che mi fanno male e che sto per godermi il meritato riposo dopo una giornata così dura ripenso a quei 42 km e a quelle 4 ore e passa di corsa che mi hanno portato a gustarmi la soddisfazione di avere la collo la medaglia ufficiale: ne è valsa la pena, totalmente.



La soddisfazione di andare in giro per NY con la medaglia al collo e vedere gente che ti si avvicina di proposito per dirti “Congratulations, good job!” è davvero impagabile e giustifica il mal di gambe, le sveglie alle 6,30 di domenica, il freddo delle corse serali invernali e il caldo opprimente che tagliava il fiato di quelle estive, la fatica…

Nei prossimi 2 gg che ci separano dalla partenza per il ritorno cercheremo di goderci un po’ la città e i luoghi che, dopo questa giornata certamente diversa, torneranno al loro aspetto “normale” (per quanto possano definirsi normali i posti di questa città).

Vi faremo un resoconto dettagliato, fotografico ma anche filmato (solo in parte perché durante la corsa la batteria della videocamera mi ha abbandonato!).
Vi faremo vedere la copia del New York Times che riporta i nostri nomi e cercheremo di raccontarvi che cosa abbiamo vissuto.

Tuttavia non potremo raccontarvi tutto.
Certo, non ci si improvvisa a correre una maratona, ma noi siamo la dimostrazione vivente che lo si può fare non avendo più vent'anni, non essendo né atleti né avendo doti fisiche particolari ma solo con un po’ di volontà e di determinazione.
Mi permetto quindi un consiglio: per vivere i nostri racconti e le stesse emozioni, per percepire ciò che noi abbiamo vissuto, se solo avete una possibilità di farlo, allora venite a correre la Maratona di New York.

WE DID IT!

Ciao, Stefano.

Yes we can!


Nessun riferimento alla politica e alla storia nel titolo, o forse si.
Domani è un altro giorno, si vedrà; per ora questo può e deve bastare, insieme ad una foto con medaglia all'arrivo.
Non aspettatevi niente di più neanche dai miei 2 compagni di avventura, perché sono addormentati, completamente vestiti e immobili a causa dei 2 blocchi di marmo che hanno al posto delle gambe, sui loro letti in camera.
Sempre domani, dopo meritato sonno ristoratore, seguiranno notizie sulla nostra maratona.
Pagherei molto perché ci fosse un ascensore per raggiungere la nostra stanza al primo piano, da questa postazione internet al piano terra dell'albergo.
E invece devo fare le scale ...
Domani vi racconto come è andata.
Buona notte, fave.

domenica 2 novembre 2008

Ci siamo...


Sembra paradossale affermare che, a modo nostro, una vittoria l’abbiamo già ottenuta ma è proprio il pensiero con cui ci accingiamo all’atto finale di quest’ultimo anno vissuto “pericolosamente”.

Giornata di forti emozioni quella di oggi: stamattina la Friendship Run, una bellissima “sgambata” di 4 km dal Palazzo dell’ONU a Central Park con migliaia di runner provenienti da tutto il mondo e desiderosi solo di condividere la bellezza della corsa e dello stare insieme pacificamente.
Quante foto abbiamo fatto… Non solo alla gente con le nostre macchine, ma anche con persone sconosciute di altri Paesi che ci chiedevano “Would you please take a picture with me?” vedendo la nostra bandiera italiana. Bellissima esperienza, davvero da brividi: i colori, i suoni e tutta quella gente difficilmente riuscirò a scordarli.

Oggi, durante il briefing tecnico organizzato dal nostro Tour Operator, a un certo punto è stato chiesto alla platea formata da circa 300 persone quanti stessero per affrontare per la prima volta la Maratona di New York e si è levata una selva di mani. Subito dopo è stato invece chiesto quanti stessero per correre la prima maratona in assoluto e le mani alzate sono state più o meno le stesse ed è scattato spontaneamente un applauso vigoroso e molto sentito.

Ecco, in quel momento, mi sono sentito un privilegiato e ho capito quanto sia stato fortunato e quanto debba ringraziare coloro che in quest’anno mi sono stati vicini e hanno condiviso la mia avventura.

Siamo partiti un anno fa da zero, abbiamo fatto tanti sacrifici andando a correre di sera, di mattina presto, sacrificando tante ore di sonno e facendo tanta tanta fatica ma, alla fine, siamo arrivati sino a qui; tra infortuni, incidenti e asme bronchiali sono accaduti fatti che avrebbero potuto fermarci; e invece ora siamo qui pronti e stiamo raccogliendo le idee e mettendo insieme le ultime energie mentali per automotivarci…

Abbiamo preparato tutto, compresa un’uniforme da gara che ci farà fare certamente una bella figura: ora mancano solo poche ore e finalmente potremo dire “ce l’abbiamo fatta”.

Ci siamo…
Grazie a tutti, grazie per i commenti e gli incitamenti, grazie soprattutto alle nostre famiglie che hanno davvero sopportato la nostra “malattia” per un anno.

Sto per andare a letto, ma non sono se riuscirò a dormire per tutte le emozioni e i pensieri che mi affollano la testa. Di una cosa, però, sono certo: qualunque cosa accada domani una vittoria l’abbiamo davvero già portata a casa.

A presto, dopo la Corsa.
Stefano.

One way


Oggi Friendship Run dal Palazzo delle Nazioni Unite a Central Park e nel pomeriggio riunione tecnica pre-gara organizzata dal nostro Tour Operator, con la presenza di Giacomo Leone, ultimo vincitore italiano a NY nel 1996, Laura Fogli 3 o 4 volte sul podio senza mai la soddisfazione della vittoria e un medico, il Dr. Speciani, maratoneta ed esperto di corsa e medicina.

Se l’intenzione era quella di mettermi ulteriore ansia addosso ci sono riusciti.

Quando hanno cercato di spiegare gli errori più comuni, tipici del neofita, da non commettere durante la gara, o quelli che non si sarebbero dovuti commettere durante la preparazione, sia che si trattasse di allenamento, sia di alimentazione, sembrava mi stessero facendo una radiografia.

Il countdown però continua inesorabile il suo cammino, tra pochi minuti si dorme e tra poche ore, 5.30am locali, si parte con l’autobus che ci porterà alla partenza delle 10.20am.

Ormai ci siamo e, come quando si imbocca un senso unico, non si può tornare indietro, bisogna solo andare avanti ed arrivare alla fine, meglio se nel minor tempo possibile, prima che finiscano tutte le cose più buone da mangiare e da bere al rifornimento dopo il traguardo.
Ciao, Fave.

sabato 1 novembre 2008


Tutto quello che ci circonda in città è blu, come il pettorale e la linea di partenza di Gobi o arancione come la mia e quella di Cor(r)o.
Non servono altre parole, bastano le foto del ritiro pettorale e chip di gara, per sintetizzare la giornata di ieri; poi non ci sarebbe neanche tempo, siamo già in ritardo per ogni cosa che dovremo fare oggi.
Anche e soprattutto a causa di Cor(r)o e del suo interminabile rito della rasatura quotidiana ...

Eccoci qua dalla Grande Mela.

Fortunatamente riusciamo a connetterci anche se abbiamo dovuto fare un po' di mastruzzi informatici perché funzionasse.

Arrivo ieri con circa 30 min. di ritardo, tempo bellissimo e temperatura "primaverile" intorno ai 15-16 °C.
Appena arrivati abbiamo posato le valigie in Hotel (diciamo "accettabile") e poi di corsa al Javits Center a ritirare il pettorale e il materiale per domani.
Poi, con calma, siamo rientrati in albergo, anche perché il jet lag cominciava a farsi sentire.
L'hotel è situato a Nolita (NOrth of Little ITAly), zona a ridosso di una sempre più ingombrante China Town e comunque vicino al Greenwich Village, vero centro della movida newyorkese e sede della Halloween Parade di ieri sera.

Impossibile raccontare la "fauna" che abbiamo incontrato: praticamente abbiamo scoperto che per gli americani Halloween è come per noi il Carnevale e quindi, fin dalla metropolitana, abbiamo inziato a incontrare gente mascherata in tutti i modi possibili, molti già totalmente bevuti. Per le strade del Village era impossibile non lasciarsi contagiare dall'atmosfera folle che regnava tra canti, balli, suoni e colori insoliti sebbene il quartiere sia abituato a stravaganze.

Siamo andati a letto alle 23 ora locale (le 4 di mattina in Italia) ma, complice il jet lag e il fatto che la stanza è situata al 1° piano e dà direttamente sulla strada, alle 5 eravamo già tutti svegli e abbiamo quindi fatto colazione alle 5.30.

Adesso stiamo uscendo per la Friendship Run.
Ci sentiamo più tardi.

Ciao, Stefano.